Onorevoli Deputati! - Il presente disegno di legge intende porsi in continuità ideale con il disegno di legge della XIII legislatura recante «interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini» (atto Camera n. 5925), volendo proseguire nella linea di «offrire una risposta pronta ed effettiva al preoccupante incremento della criminalità da strada». Espressione atecnica e da molti contestata, ma utilizzata, oggi come allora, allo scopo di evidenziare come questa incida sul senso di sicurezza dei cittadini, abbassando sensibilmente la qualità della loro vita quotidiana e condensando una vasta e giustificata domanda di effettività dell'intervento penale.
      Oggi, come allora, riempiendo un vuoto propositivo durato troppo a lungo, il Governo ritiene necessario ritornare su questi fenomeni, declinando la nuova proposta in modo articolato, senza consentire

 

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che altri aspetti dell'azione di contrasto nei confronti della delittuosità rimangano ancora, come troppo a lungo è stato, ignorati o fortemente sottovalutati.
      Per questo motivo la presente iniziativa legislativa disegna una traiettoria volta a proseguire il percorso di attenzione ai fenomeni di illegalità diffusa, riarticolando l'azione di contrasto nei diversi ambiti in cui essa può utilmente esplicarsi.
      Sul versante in argomento non v'è dubbio che le cure maggiori debbano essere rivolte a quei fenomeni che coinvolgono i minorenni, sfruttandone il lavoro o più spesso, purtroppo, la stessa integrità personale, fisica e psichica.
      In altra circostanza, da ultimo con il disegno di legge presentato il 25 gennaio 2007, recante «Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione» (atto Camera n. 2169 successivamente fatto oggetto di stralcio e diviso negli atti Camera nn. 2169-bis e 2169-ter), il Governo ha mostrato di voler perseguire con la massima severità la violenza esercitata nei confronti dei minori; qui interessa un profilo forse meno allarmante sotto il profilo dell'integrità fisica, ma non lontano da fattispecie aberranti di sfruttamento, che l'ordinamento vigente non riesce a perseguire appieno: quello della riduzione dei minori a oggetti di richiamo di pratiche avvilenti a sfondo economico.
      Per questo motivo, l'articolo 1 del disegno di legge reca norme a tutela dei minori. In particolare, tale disposizione interviene, con il comma 1, lettera a), sull'articolo 28 del codice penale, estendendo anche ai casi di amministrazione di sostegno (oltre che ai casi di tutela e di curatela) le pene accessorie (decadenza dall'ufficio di tutore, di curatore e di amministratore di sostegno) conseguenti a quella dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici di cui al secondo comma del medesimo articolo 28. La norma delinea, inoltre, alla lettera b) del citato comma 1, una nuova fattispecie di reato, introducendo l'articolo 600-octies del codice penale (Impiego di minori nell'accattonaggio), che punisce il fatto di chi si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare. L'articolo 1, comma 1, introduce, infine, alla lettera c), l'articolo 602-bis del codice penale che prevede l'applicazione di una pena accessoria (perdita della potestà del genitore e interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all'amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura) nel caso in cui i reati di cui agli articoli 600 del codice penale (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 del codice penale (tratta di persone) e 602 del medesimo codice (acquisto e alienazione di schiavi) siano commessi dal genitore o dal tutore.
      Il successivo articolo 2 riguarda una seconda, più grave fenomenologia criminosa: quella della diffusione, forse più percepita che reale, ma comunque assolutamente allarmante, della partecipazione di giovanissimi ad azioni criminali gravi. Solo un'azione decisa nei confronti dei correi maggiorenni può realizzare quella deterrenza aggiuntiva che occorre per bloccare il fenomeno prima che l'effetto emulazione e l'evoluzione delle condotte violente che si vanno diffondendo in età scolare rendano il fenomeno inarrestabile, costringendo a scelte punitive forti nei confronti dei delinquenti minorenni.
      Per questo motivo, l'articolo 2 interviene sull'articolo 112 del codice penale prevedendo l'applicabilità, nei confronti delle persone maggiorenni che concorrono nel reato, dell'aggravante ivi prevista, anche nei casi di partecipazione al reato commesso da un minore di anni diciotto o delle altre persone non imputabili o in condizioni di ridotta imputabilità. Si intende, in altri termini, responsabilizzare ulteriormente il maggiorenne, per creare una sorta di «cintura sanitaria» intorno ai minori delinquenti.
 

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      Sarà il giudice, nell'applicazione della pena in concreto, a valutare la gravità dei fatti, anche riguardo alla circostanza dell'induzione.
      Di converso, l'articolo 3, al comma 1, intende concorrere alla definizione di una politica attenta alle esigenze di tutela degli stranieri o apolidi e, in particolare, minori, intervenendo sulle misure di assistenza ed integrazione sociale.
      A tale fine il comma 1 introduce modifiche all'articolo 18 del testo unico. L'intervento si pone l'obiettivo di prevedere - con modalità simili a quelle già stabilite per le vittime della tratta di esseri umani - la possibilità di rilascio di uno speciale permesso di soggiorno per motivi umanitari a coloro che, stranieri o apolidi, risultino essere vittime di maltrattamenti in famiglia o di violenze sessuali in ambito domestico, allorquando ricorra un pericolo, concreto e attuale, di vita per loro o per i loro familiari come conseguenza della scelta di sottrarsi alla violenza. Quando è necessario, su parere del pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni, il permesso di soggiorno è esteso ai figli minori della vittima della violenza familiare. Considerata la particolare vulnerabilità delle persone di che trattasi è previsto il loro inserimento in un programma di assistenza ed integrazione sociale.
      Le persone, che decidono di sottrarsi a tali violenze, se irregolarmente presenti, rischiano di essere allontanate dal territorio italiano con il grave pericolo di essere poi sottoposte ad azioni ritorsive da parte dei familiari non solo dell'abusante ma anche della stessa vittima; molte donne provengono, infatti, da Paesi in cui, per motivi culturali e a volte per stessa previsione normativa, è istituzionalizzato un modello di famiglia patriarcale con piena subalternità della donna rispetto all'uomo. Anche le donne che soggiornano regolarmente in quanto titolari di un permesso di soggiorno per motivi familiari rischiano di scivolare nell'irregolarità poiché, in caso di denuncia di un loro familiare violento e conseguente separazione, spesso non sono più in possesso di alcuni requisiti (alloggio e lavoro documentabili) richiesti per un titolo autonomo di soggiorno.
      Con gli articoli successivi si entra nel vivo delle misure di contrasto dalla cosiddetta «illegalità diffusa», intervenendo su fattispecie considerate «minori», ma che incidono notevolmente non tanto sulla «vivibilità» dei centri urbani, quanto su quelle condizioni minime di cura del territorio dalle quali partire per reimpostare politiche attive di risanamento e di promozione della legalità.
      In particolare, l'articolo 4 contempla, in materia di reato di danneggiamento, una disciplina connotata da una maggiore efficacia deterrente a tutela di particolari e rilevanti beni. Pertanto, il comma 1 della norma in esame introduce al secondo comma dell'articolo 635 del codice penale il numero 3-bis, aggravando la pena base stabilita per il reato di danneggiamento anche nel caso in cui la condotta criminosa sia commessa su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale. Relativamente a tutte le ipotesi aggravate di cui al medesimo secondo comma, dell'articolo 635, è previsto, inoltre, che la sospensione condizionale della pena sia sempre subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un periodo di tempo non superiore alla durata della pena sospesa (comma 2).
      Peraltro, l'articolo 5 introduce, al secondo comma dell'articolo 639 del codice penale (Deturpamento e imbrattamento di cose altrui), un aumento di pena qualora la condotta diretta a deturpare o a imbrattare abbia ad oggetto immobili sottoposti a programmi di risanamento edilizio o ambientale o altri immobili, sempre che da tale condotta consegua un pregiudizio del decoro urbano.
      In questo caso, la possibilità di una sanzione ad effetto riparatorio è nel sistema, in quanto si tratta di un reato rimesso alla competenza del giudice di pace e trovano, quindi, applicazione le disposizioni del capo VIII del titolo I del decreto legislativo n. 274 del 2000.
 

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      Con l'articolo 6 vengono proposti alcuni interventi normativi in materia di occupazione abusiva del suolo pubblico. In particolare, il comma 1 prevede che, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico ai sensi degli articoli 633 del codice penale e 20 del decreto legislativo n. 285 del 1992, recante il codice della strada, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, comunque, per motivi di pubblica sicurezza, possano ordinare l'immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, nel caso di occupazione per motivi commerciali, la chiusura dell'esercizio fino all'adempimento dell'ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia.
      Tale forma di «ravvedimento operoso» degli occupanti costituisce, indubbiamente, uno degli aspetti più innovativi della riforma, tanto che le stesse prescrizioni vengono estese, con il comma 2, all'esercente che ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l'esercizio.
      Il comma 3, infine, prevede, qualora si tratti di occupazione a fine di commercio, la trasmissione del relativo verbale di accertamento, da parte dell'ufficio accertatore, agli uffici del Corpo della guardia di finanza o dell'Agenzia delle entrate territorialmente competenti.
      L'articolo in esame colma, in definitiva, un vuoto di tutela lasciato dal complesso delle norme vigenti che attualmente disciplinano la materia delle occupazioni abusive; il citato articolo 633 del codice penale, infatti, punisce l'invasione arbitraria di edifici e terreni al fine di occupazione o di profitto, ma nulla dice in materia di occupazioni della sede stradale. Quest'ultima, del resto, non può assimilarsi se non in senso lato al concetto di terreno richiamato dal medesimo articolo 633, né può probabilmente ipotizzarsi una condotta di invasione - richiesta dalla norma in parola per l'integrazione della condotta criminosa - della sede stradale, di per sè aperta alla fruizione pubblica di massa.
      L'unica tutela apprestata dal legislatore è, in tale caso, quella di cui all'articolo 1-bis del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66; tale norma sanziona la condotta di chi «al fine di impedire od ostacolare la libera circolazione (...) ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata»; appare, però, del tutto evidente come la norma in parola non sia applicabile a tutte quelle condotte le quali non siano realizzate al precipuo fine individuato dalla stessa norma, come, ad esempio, quelle volte al fine di profitto o di vantaggio. Né può applicarsi alle condotte in parola l'articolo 1161 del codice della navigazione, il quale sanziona ogni arbitraria occupazione di spazi «del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna», con sicura esclusione, pertanto, della sede stradale.
      Ovviamente, trattandosi di occupazione di suolo stradale, l'individuazione dell'autorità amministrativa competente segue il riparto stabilito dal citato decreto legislativo n. 285 del 1992; il sindaco per la viabilità urbana; il prefetto per quella extraurbana. Tuttavia, procederà in ogni caso il prefetto quando l'occupazione presenta profili di rilievo per la sicurezza pubblica, come nel caso di fenomeni di «occupazione del territorio» posti in essere da soggetti operanti nelle condizioni di mafiosità di cui all'articolo 416-bis del codice penale.
      Restano salvi, inoltre, i provvedimenti e gli interventi dell'autorità di pubblica sicurezza per motivi di ordine pubblico.
      L'articolo 7, infine, modifica le disposizioni di cui agli articoli 1 e 1-bis del citato decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, riportando nell'alveo della rilevanza penale le condotte di chi «depone od abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ordinaria»; l'attuale combinato disposto dei menzionati articoli prevede, infatti, che tale condotta sia assoggettata esclusivamente ad una sanzione amministrativa, mentre nel caso in cui la stessa sia realizzata su una strada ferrata ne viene riconosciuta la rilevanza penale. Appare di tutta evidenza l'irragionevolezza di una simile discriminazione, risultando entrambe le condotte di
 

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estremo pericolo per l'incolumità dei soggetti destinati ad usufruire dei tratti di strada interessati dall'abbandono di congegni od oggetti. L'articolo 7, pertanto, riconduce ad unum la rilevanza penale di entrambe le predette condotte, mantenendo l'assoggettabilità ad una mera sanzione amministrativa delle condotte di sola ostruzione od ingombro delle strade ordinarie o ferrate al limitato fine di impedire od ostacolare la libera circolazione.
      Con l'articolo 8, comma 1, sono previsti speciali fondi per alcuni comuni - quelli, cioè, che hanno provveduto all'attuazione delle disposizioni previste dall'articolo 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 - in considerazione della consistenza e dell'impatto dei flussi turistici nonché della rilevanza del patrimonio culturale. La tipologia delle misure e degli interventi nonché la ripartizione delle risorse messe a disposizione vengono stabilite con decreto adottato dal Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Il comma 2 reca la copertura finanziaria.
      L'articolo 9 modifica l'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (cosiddetta «legge di depenalizzazione») relativamente alle modalità di notifica delle violazioni amministrative ai residenti all'estero la cui residenza, dimora o domicilio non siano noti. Fino ad ora, l'articolo 14 dava facoltà all'amministrazione di non effettuare in tali casi la notificazione. La novella, invece, al quinto comma introduce la previsione della pubblicazione dell'estratto del provvedimento mediante affissione alla casa comunale, con comunicazione, a mezzo posta, al domicilio eventualmente dichiarato all'atto della contestazione o in uno scritto difensivo. Viene aggiunto il comma 7 che consente - sempre nei casi di cui sopra - di comunicare all'interessato, senza effettuare ulteriori comunicazioni, tutte le successive fasi del procedimento sanzionatorio nonché i mezzi di difesa apprestati dall'ordinamento, con traduzione nelle lingue ivi espressamente indicate, se si tratta di stranieri.
      Con l'articolo 10 si istituisce il Nucleo operativo di tutela ambientale del Corpo forestale dello Stato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con l'espresso proposito di determinare un concreto rafforzamento della sicurezza e della tutela ambientali. In particolare il Nucleo, dipendente funzionalmente dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, concorre nell'attività di prevenzione e di repressione - ferme restando le competenze conferite in materia all'Arma dei carabinieri - dei reati ambientali e dei reati di maltrattamento degli animali nelle aree naturali protette.
      Con l'articolo 11 si intende integrare le possibilità di utilizzazione diretta del Centro elaborazione dati (CED) interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministro dell'interno da parte della polizia municipale.
      L'elemento di novità è rappresentato dall'estensione della facoltà di accesso diretto alla banca dati dei veicoli rinvenuti ed a quella dei documenti di identità rubati o smarriti e dalla specifica previsione di una facoltà di immissione diretta dei dati (e non solo di consultazione di quelli esistenti).
      Ulteriori estensioni trovano un ostacolo insuperabile non solo e non tanto nell'ordinamento funzionale della polizia municipale, quanto e soprattutto nelle indicazioni, molto più restrittive, del Garante per la protezione dei dati personali.
      Ciò non esclude, evidentemente, nell'attuazione di servizi di controllo del territorio, cui pure la polizia municipale può partecipare, un accesso indiretto a supporto dei servizi in corso per il tramite delle sale operative della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri.
      L'articolo 12 introduce rilevanti novità in materia di piani coordinati di controllo del territorio di cui al comma 1 dell'articolo 17 della legge 26 marzo 2001, n. 128, prevedendo che gli stessi determinano i
 

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rapporti di reciproca collaborazione tra il personale della polizia municipale e gli organi della Polizia di Stato. Stabilisce, inoltre, che le procedure da osservare per assicurare, nel caso di interventi in flagranza di reato, l'immediato interessamento da parte degli organi della Polizia di Stato per il prosieguo dell'attività investigativa, sono definite con decreto del Ministro della giustizia, adottato di concerto con i Ministri interessati.
      L'articolo 13 sostituisce l'articolo 54 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, apportando - alla luce dei mutati rapporti tra Stato ed enti locali - rilevanti modifiche in materia di sicurezza pubblica.
      La riforma legislativa del 1993 che ha introdotto il sistema dell'elezione diretta dei sindaci e quella del 2001 che ha modificato il titolo V della parte seconda della Costituzione hanno portato alla rivendicazione, da parte degli enti locali, di un ruolo sempre maggiore anche in materia di ordine e sicurezza pubblica, in omaggio al principio di sussidiarietà e, dunque, all'opportunità di allocare funzioni e poteri pubblici ai livelli istituzionali più vicini al cittadino.
      Ciò nonostante, la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, ad esclusione della polizia amministrativa locale - così come sancito all'articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione - continua ad essere riservata alla competenza statale. Affidare siffatta tutela agli enti locali, nella logica del Costituente, avrebbe significato pregiudicare gravemente la possibilità di assicurare su tutto il territorio nazionale livelli essenziali uniformi di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali fondamentali.
      Allo stato attuale, tuttavia, si è da più parti evidenziato che, per raggiungere standard di sicurezza adeguati - soprattutto nell'attuale momento storico connotato dall'aumento di fenomeni sociali (immigrazione clandestina, prostituzione, traffico di sostanze stupefacenti) che costituiscono il substrato di nuove forme di criminalità organizzata, spesso transnazionale - è necessaria la collaborazione sinergica tra istituzioni centrali e locali.
      In tale contesto, l'apporto degli enti locali può davvero costituire un valore aggiunto nella garanzia dei diritti dei cittadini alla sicurezza e il ruolo del sindaco può divenire il fulcro di tale garanzia.
      Del resto il sindaco è in grado, più di chiunque altro, di conoscere le problematiche sociali della realtà locale che incidono negativamente sul senso di sicurezza percepito dai cittadini e che possono dare luogo a problemi di ordine pubblico.
      Da qui la necessità di adeguare al mutato quadro costituzionale le disposizioni contenute nell'articolo 54 del citato testo unico di cui al decreto legislativo. n. 267 del 2000, relative alle attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale.
      In primo luogo si è ritenuto opportuno riformulare il comma 1 del predetto articolo 54, dividendo tra due diversi commi (1 e 3) la determinazione delle funzioni che il sindaco esercita in qualità di ufficiale del Governo.
      Al comma 1 sono state enucleate le funzioni relative all'ordine e alla sicurezza pubblica già riconosciute al sindaco dalla disposizione vigente. La previsione di uno specifico comma dedicato alle predette funzioni consente di attribuire alle stesse maggiore rilievo e pregnanza e costituisce una precipua risposta alle richieste avanzate dai sindaci di alcune città italiane maggiormente interessate da recenti, gravi episodi di criminalità.
      In relazione alle suddette materie, il comma 2 prevede che il sindaco concorre ad assicurare la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali; è di tutta evidenza come tale compito costituisca, sicuramente, espressione di una maggiore partecipazione del rappresentante della comunità locale alla tutela della sicurezza dei cittadini. Coerentemente al riparto di competenze sancito a livello costituzionale, si prevede, tuttavia, che le forme di tale collaborazione siano disciplinate con regolamento del Ministro dell'interno.
 

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      Al comma 3 sono contemplate, invece, le funzioni statali (già previste dal precedente comma 1) relative alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandati al sindaco dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.
      Al comma 4, proprio in ragione delle problematiche sociali in precedenza illustrate, si è ritenuto essenziale integrare la sfera di operatività del potere del sindaco di adottare provvedimenti contingibili e urgenti nei casi in cui si renda necessario prevenire ed eliminare gravi pericoli non solo per l'incolumità pubblica ma anche per la sicurezza urbana. Atteso che le ragioni sottese ai suddetti provvedimenti concernono situazioni nelle quali vengono comunque in rilievo profili di sicurezza della collettività locale, all'ultimo periodo, è previsto che essi debbano essere comunicati al prefetto, il quale può predisporre gli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione. È evidente come, mentre nella precedente formulazione della norma l'intervento del prefetto era limitato all'eventualità che il sindaco intendesse utilizzare la forza pubblica per l'esecuzione dei relativi ordini (in tale senso presentava un'apposita richiesta al prefetto), con la presente modifica - proprio al fine di rendere maggiormente efficace l'azione di contrasto a quei fenomeni che, di volta in volta, possono costituire una minaccia per la sicurezza pubblica - si consente al rappresentante dello Stato sul territorio di intervenire, in una visione strategica, con tutti gli strumenti ritenuti necessari per l'attuazione dei provvedimenti adottati dal sindaco i quali, peraltro, devono essere previamente comunicati allo stesso prefetto.
      Al comma 5 è apparso, inoltre, conveniente introdurre una disposizione che prevede il potere del prefetto - qualora i provvedimenti di cui ai commi 1 e 4 possano avere concrete ripercussioni sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi - di indire una conferenza (non tipizzata e diversa dalla conferenza di servizi) alla quale partecipano i sindaci interessati, il presidente della provincia nonché - con una previsione di ampio respiro - i soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato, nel caso in cui tale ultimo intervento sia ritenuto opportuno.
      I commi 6, 7, 8, 9 e 10 già commi 3, 4, 5, 6 e 7 del vigente articolo 54, sono stati riscritti senza modifiche ad eccezione di quelle necessarie per il mutato assetto sistematico.
      Si è ritenuto opportuno, inoltre, atteso il mutato quadro costituzionale che ha delineato un nuovo assetto dei rapporti tra Stato e autonomie locali, eliminare la disposizione di cui al vigente comma 8 dal momento che essa prevede la possibilità da parte del prefetto di nominare un commissario ad acta, in sostituzione del sindaco qualora quest'ultimo non eserciti le funzioni o non adempia ai compiti previsti dalla norma de qua. Consequenziale a ciò è l'eliminazione del successivo comma 9 che pone a carico dell'ente interessato le spese per il commissario.
      Anche il comma 10 (novellato comma 11), è stato in parte modificato laddove è stato previsto il potere del prefetto di intervenire con proprio provvedimento nelle ipotesi di cui ai commi 1, 3 e 4 (limitatamente ai casi di pericolo per l'incolumità pubblica) anche nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell'esercizio delle funzioni previste dal comma 10.
      Infine, il comma 12 contiene una norma di chiusura, in quanto si prevede che il Ministro dell'interno può adottare atti di indirizzo per l'esercizio da parte del sindaco delle funzioni previste dall'articolo in oggetto.
      L'articolo 14, è volto a riformulare l'articolo 6-ter della legge 13 dicembre 1989, n. 401, concernente il reato di possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive, al fine di superare alcune difficoltà applicative riscontrate recentemente, allorché non è stato possibile arrestare alcuni tifosi di una squadra di calcio romana che, prima della partenza verso la località dove si sarebbe tenuta la competizione sportiva, sono stati trovati in possesso di mazze, armi improprie, petardi
 

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e altre attrezzature vietate. La modifica è pertanto finalizzata a estendere espressamente l'applicazione della norma in esame a tutti i casi in cui il possesso dei predetti oggetti, accertato durante lo svolgimento della manifestazione sportiva, ovvero nelle ventiquattro ore precedenti o successive all'evento, sia correlato alla medesima manifestazione.
      L'articolo 15, infine, tende a perfezionare il sistema di prevenzione circa l'uso e il porto delle armi inoffensive, le quali, tuttavia, brandite per commettere una rapina si mostrano efficaci quanto un'arma vera. A tale fine, sono introdotte modifiche all'articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, relativo al divieto (avviso orale del questore) di detenzione di strumenti atti ad offendere da parte delle persone condannate per delitti non colposi. Al comma 2 è modificato l'articolo 39 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nell'ambito del quale viene introdotto il divieto di detenzione di armi a ridotta capacità offensiva nonché di giocattoli riproducenti armi e di simulacri di armi.
 

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